CONFESSION - in the - TWILIGHT.

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lace‚
view post Posted on 11/4/2010, 22:52




Edward
Mi sentivo in un certo modo deluso dal fatto che non avessi ancora trovato alcuna traccia per poter sedare il mio animo in perenne cerca di qualcosa - ovvero, tornare vagamente umano. Era come se la speranza che avevo sempre covato dentro di me e che mi ero trascinato dietro negli anni, forse per tornare indietro nei miei ricordi, nel tentativo di rivivere una vita normale e lontanamente felice.
Ma adesso, ogni giorno, guardando l'anno in cui stavo vivendo - 2010 - mi era sempre più chiaro che non potessi più fare niente, per tornare dall'unica persona di cui mi fosse mai importato qualcosa; in fondo, era l'unico motivo per cui avevo cercato in ogni modo di sopravvivere, comunque. Anche se non lo avevo mai ammesso direttamente.
Insomma, per un motivo o per l'altro, avevo finito con il vagare come un'idiota nelle zone industriali limitrofe alla città, come un perfetto cretino. Pensieri del cazzo - odiavo farmi paranoie su ricordi ormai lontani. Era impossibile che adesso stesse ancora aspettando me, dopo quasi un secolo. Ed ogni volta che l'idea del tempo sfiorava il mio cervello, non potevo fare a meno di restare pietrificato all'idea che lei potesse essere morta. Non più in quel mondo.
Scossi ancora una volta la testa; basta, dovevo finirla. Era finita, una cosa senza alcun senso, non c'entrava niente. Chiusi gli occhi ed inspirai quell'aria malconcia ma comunque viva. Il colore si era un po' attenuato con quei pensieri non proprio allegri e trovai appropriato sedermi sulla prima panchina che mi capitò per strada. Estrassi dalla tasca l'ìPod che ero riuscito a comprarmi con quei pochi spiccioli accumulati negli ultimi mesi. Cercai qualche cosa che poteva adattarsi o comunque risollevare il mio umore.
<b>«Che palle» sbuffai, abbandonando la testa all'indietro e godendomi la traccia.
 
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view post Posted on 12/4/2010, 17:21
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Winry
Era quasi un secolo che vagavo senza una meta precisa alla ricerca di quell'unico ragazzo che si era esposto per salvarmi, l'unico che sembrava aver avuto la capacità di rapirmi il cuore.
Quella era la seconda volta nella mia vita che rimettevo piede in quel piccolo continente sperduto in mezzo all'Oceano Pacifico. L'ultima volta però, le città erano ancora più piccole, e l'unica strada che le collegava era quella creata dal passaggio continuo dei carri. Ora camminavo nella periferia della città che si trovava nei pressi della scuola a cui mi ero iscritta. Un posto desolato, scuro sia a causa degli edifici, sia a causa del fumo che usciva dalle cisterne delle numerose fabbriche. Come se il mio umore non fosse già a terra di suo, quella desolazione sembrava volerlo aggravare.
Erano ore che camminavo, eppure non ero ancora stanca, mi stupiva sempre la cosa seppur fosse passato molto tempo dall'ultima volta che il mio corpo aveva posseduto un qualcosa di umano.
Mi fermai in mezzo alla strada, la stanchezza che realmente possedevo era quella interna, la mia mente, il mio spirito, sembravano essere sfiniti e pronti all'arrendersi al fatto che non lo avrei mai più rivisto, ma, nonostante tutto, continuavano ad aggrapparsi a quella fievole speranza di trovarlo, alla sicurezza che lui fosse ancora vivo. Sicuramente sarebbe stato affiancato dalla vampira che mi aveva aggredito quella notte, ma stavolta non avrebbe trovato un'umana di cui potersi cibare, ma una sua pari.
Sentivo l'adrenalina scorrere nelle mie vene ripensando a quella notte di, quella che consideravo essere, un'altra vita. La rabbia di come mi era stato portato via.
Come se una energia più potente stesse scorrendo nel mio corpo, ripresi a camminare con un passo deciso e spedito...e fu proprio in quel momento che i miei occhi incrociarono la figura di un ragazzo seduto su una panchina dall'altra parte della strada.
Mi bloccai, immobile mentre i miei occhi lo scrutavano in ogni sua ombra, in ogni suo lineamento cercando di capacitarmi, di capire se quello fosse o meno un illusione creata dalla mia mente.
Aveva sempre quell'aria malinconica, non era cambiato di una virgola da quando lo avevi visto l'ultima volta.
Senza che me ne rendessi conto le mie dita erano corse sulle labbra ripensando all'addio che mi aveva dato quella notte.
Ero lì, ferma come un'idiota, senza avere la capacità di muoversi, le mie membra sembravano rifiutarsi di compiere il benché minimo gesto, le mie emozioni mi assalirono e io non comprendevo più nulla se non che lui era lì davanti a me e stava bene...era vivo e stava bene.
 
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lace‚
view post Posted on 29/4/2010, 12:32




Edward
Il cielo cominciava ad oscurarsi, lasciandosi l'aranciato del tramonto alle spalle e permettendo al blu della notte di prendere il sopravvento. Le prime stelle cominciavano a luccicare in lontananza, come accade in una normalissima serata primaverile particolarmente serena.
Non avevo mai avuto il coraggio di tornare a casa. Per cosa? Per trovare la tomba di mio fratello, normalmente morto, lasciandosi dietro me e la immortalità - una maledizione di cui non mi sarei mai liberato? No. Non volevo sapere cosa avesse concluso nella sua vita in un mondo differente dal mio, in cui non esistevano speranze, aspettative o sogni. Inspirai a pieni polmoni l'aria torbida della periferia, passandomi una mano tra i capelli, esasperato.
Forse ormai era inutile cercare un metodo per tornare umani. Forse avrei dovuto trovare, piuttosto, un modo per finirla di soffrire, un qualcosa per eliminarmi una volta per tutte.
Fu proprio in quel momento che, sbuffando, mi alzai e, forse in preda ad allucinazioni, la vidi: come la ricordavo, era ancora di qualche centimetro più alta di me - potevo dedurlo anche da quella distanza, da marciapiede a marciapiede - ferma, immobile, pietrificata dallo stupore come una statua o come una foto troppo bella per essere vera. Come me.
Non riuscii a muovermi per più di una manciata di secondi. I muscoli non accennavano a prestare ascolto al mio cuore e al mio cervello che, per la prima volta in vita loro, reclamavano la stessa cosa: "Muoviti, Edward! Va' da lei!", ma avevo paura. Paura di scoprire che fosse tutto un sogno, uno dei tanti simili che avevo fatto quando ero riuscito ad addormentarmi. Se non fosse stato vero, se non fosse stata lei, non avrei retto.
A pensarci bene, non poteva essere lei: come avevo già notato, era esattamente identica a come la ricordavo. I morbidi capelli biondi le ricadevano sulle spalle, riuscendo a splendere persino nel lieve buio della sera. Gli occhi blu scintillavano come sempre, con quella luce che solo lei aveva. Il suo volto era perfetto, liscio e vagamente pallido. C'erano due possibilità, mi dissi, sotto consiglio del mio cervello che pareva essersi ripreso. Una era quella più logica: un'allucinazione bella e buona, causata dalla mia totale dipendenza dai ricordi e dal passato.
All'altra non osavo immaginare. «Winry... ?» cercai di suonare il meno scosso possibile, ma lo stupore era più che presente, senza parlare della commozione - ma non lo avrei ammesso neanche in punto di morte.
Il ricordo del nostro addio mi assalì, dando l'impulso alle mie gambe per correre da lei, ma stavolta fu la mia coscienza a fermarle: dovevo sapere. Se era, non era e, se era, perchè l'avevo fatto.

 
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view post Posted on 29/4/2010, 13:13
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Non mi accorsi dell'imbrunire, del volgere al termine di quella giornata. La mia attenzione era rivolta solamente alla figura che ora si stava alzando proprio dall'altra parte della strada. Sentivo i miei occhi bruciare, per poi inumidirsi, la mia mente cercava ancora di capacitarsi completamente di ciò che stava succedendo, delle emozioni che stavo provando, così confuse da mandarmi completamente in tilt la razionalità che possedevo.
I suoi occhi incontrarono i miei, sempre così belli, pozzi di oro puro da toglierti il fiato. Mi accorsi successivamente che lo sguardo che mi rivolgeva era d'incredulità, sembrava che stesse vedendo uno spettro e non potevo biasimarlo visto che al momento non sarei neanche dovuta essere lì a calpestare il suolo terreno... così sarebbe stato se non avessi deciso di divenire una creatura della notte proprio come lui.
Come se stesse cercando delle certezze, mormorò il mio nome con voce tremante, lo sentivo perfettamente grazie ai sensi che si erano sviluppati dopo la mia trasformazione. Quando il suono mi giunse alle orecchie, non potei più reggere per l'emozione che stavo provando, le lacrime iniziarono a scorrere sulle mie guance in maniera sempre meno controllata. La borsa cadde accanto ai miei piedi mentre sforzavo il mio corpo di muoversi verso l'oggetto della mia ricerca durata quasi un secolo. Alla fine la mia volontà ebbe la meglio e li corsi incontro cingendogli il collo con le braccia tenendolo stretto a me proprio come un tesoro d'inestimabile valore che non si ha intenzione di lasciare per nessuna ragione al mondo.
- ...questa è la realtà vero? Sei tu Edward?
La voce risultava strozzata, avrei evitato di chiederlo per mantenere quel minimo di dignità che mi era rimasta...ma dovevo essere sicura che non stessi sognando, dovevo essere sicura che il ragazzo che stavo abbracciando fosse effettivamente lui, e non frutto della disperazione.
Tenevo il viso a pochi centimetri dal suo, continuando a perdermi in quegli occhi tanto meravigliosi quanto tristi. Le congetture su come avesse passato la vita, la preoccupazione della compagna che aveva...tutto sfumò nel momento in cui lo riguardai in quei lingotti.
Era lui, era sicuramente lui, non era frutto della mia fantasia, era la realtà, ma volevo sentirlo dire da lui, così che ogni dubbio scemasse e rimanessero solo certezze.
 
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lace‚
view post Posted on 5/5/2010, 22:08




Edward
Era tutto così assurdamente irreale che quando mi saltò letteralmente al collo per abbracciarmi rimasi senza fiato. Il contatto con la sua pelle, con il suo corpo, così familiare, così reale da poter essere toccata da me mi stava mandando in fumo il cervello, mentre gli occhi quasi non riuscivano a guardarla per la paura che svanisse di fronte a me. Ma, ancora una volta, non era questo il problema: perchè era lì?
La allontanai appena da me per guardarla in quei suoi occhi così blu da farmi sentire miseramente piccolo di fronte all'immensità dell'oceano, da incutermi paura e amore allo stesso tempo e le sfiorai il volto.
La sua pelle era innaturalmente fredda, innaturalmente soffice e allo stesso tempo indurita, impeitrita come una statua di marmo, innaturalmente pallida. Innaturalmente e inspiegabilmente non-morta, bloccata per sempre in uno stato di adolescenza eterna, come me. Aveva compiuto una sciocchezza, la cretinata per eccellenza, ma per cosa?
«Sì. E' reale» sussurrai, per nulla certo di quello che stavo dicendo. Quale perversa fantasia la mia mente si era inventata, pur di rivederla per un istante? Lei mi guardava, come se finalmente avesse trovato quello che cercava da tanto tempo ed io guardavo lei, senza poter credere al fatto che fosse lì e tutte le seghe mentali che ho già descritto sopra.
Era il caso che mi svegliassi. «Tu... cosa ci fai qui?» chiesi, allontanandola con decisione e delicatezza allo stesso tempo. Era una cosa assurda, stupida e dannatamente sdolcinata, un mix di aggettivi che solitamente odiavo, eppure avrei dovuto ben ricordare l'effetto che questa ragazza esercitava su di me.
Non so come, riuscii a mascherare il mio sguardo incredulo e assurdamente felice di averla lì con me come un'espressione severa e distaccata, come l'ultima volta che ci eravamo visti.
Bacio.
Se avessi avuto ancora un cuore che batteva, sarei sicuramente arrossito - anche se non ero sicuro che non potesse succedere anche in quel momento. Nonostante avessi vissuto più di un secolo, il ricordo di quel bacio - il mio primo bacio - riusciva a farmi emozionare come un ragazzino qualunque. Altro effetto indesiderato che Winry esercitava sul sottoscritto.
Avevo sperato che avesse vissuto, si fosse innamorata di un altro - e qui un nodo mi si formò in prossimità dello stomaco - avesse avuto una famiglia e fosse morta nel suo letto caldo. Vecchia, con una vita normale e dei legami saldi, stabili. Invece no!, aveva voluto fare come le pareva. Come sempre.
«Dimmi che non è come penso io» la implorai, quasi, con dolore. Non volevo che subisse la mia stessa sorte. Non volevo che fosse diventata come me.
Ma ormai, forse, era troppo tardi.

 
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view post Posted on 6/5/2010, 17:15
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L'ultima volta che lo avevo toccato mi era risultato così irreale al tatto, avevo provato delle sensazioni strane, era anche vero che all'epoca io ero ancora un essere umano al 100% mentre ora, ora ero proprio come lui e se un tempo il suo corpo mi era risultato estremamente freddo, ora lo potevo considerare ideale.
La sua voce, nuovamente la udii e me ne deliziai, percepii sfumature che un tempo non avrei mai potuto percepire. Con il resto degli umani mi ero ormai abituata, ma con lui che lo sentivo finalmente dopo quasi un secolo di separazione, fu come se i miei sensi si ritrovassero in una sorta di paradiso terrestre.
Nei miei occhi si poteva leggere una felicità intensa.
Non avevo mai neanche lontanamente concepito l'idea di costruirmi una vita con un uomo che non fosse lui perché ero sicura che avrei per sempre rimpianto tale scelta. Ciò che provavo per Edward non era in alcun modo sostituibile, contrastabile, in più io stessa ero testarda e avevo deciso che non avrei mai voluto nessun altro se non lui.
Lo studiavo in ogni minimo particolare, come se fosse la prima volta che lo vedessi e ne fossi completamente affascinata nonché assorta.
La domanda che mi pose mi destò dalla mia contemplazione, lo guardai inizialmente senza capire la domanda che mi aveva posto, senza contare che non comprendevo il motivo per la quale mi aveva allontanato. Se nel suo sguardo poco prima avevo letto stupore, ora leggevo severità e distaccamento, e forse sapevo anche il perché di quell'espressione.
Avevo preso una decisione, avevo deciso di divenire come lui così da potergli stare accanto, così da non dover essere nuovamente salvata da una donna/vampiro gelosa e anzi, potergli tenere addirittura testa. Ma nel momento in cui lo avevo fatto ero stata anche consapevole che lui non l'avrebbe presa bene. Insomma, mi aveva protetto dagli altri vampiri per mantenermi umana, e nonostante ciò io ero andata a ricercare tale maledizione. Inizialmente mi sentii mortificata nell'aver compiuto un simile torto nei suoi confronti, ma se non l'avessi fatto... ero sicura che non sarebbe stata una cosa positiva per la mia mente, senza contare che non sarei mai riuscita a ritrovarlo, e anche se vi fossi riuscita sarei stata ormai troppo vecchia fisicamente per poter godere della sua compagnia.
Quasi implorante mi stava chiedendo di dirgli che non fossi divenuta come lui, mi si strinse il cuore, e il mio sguardo si abbassò per qualche istante sul grigio marciapiede senza però guardarlo realmente.
- Beh, mi puoi toccare, e sono estremamente fredda quindi.... se ho ben capito cosa intendessi dire allora direi di sì.
Nuovamente feci correre i miei zaffiri sul suo volto, guardandolo ora con un espressione indecifrabile, la scelta che avevo fatto non la rimpiangevo, seppur comportasse qualche piccolo prezzo da pagare ma, ne era valsa la pena, ma alla fine gli sorrisi, un sorriso caldo che voleva fargli capire che stavo bene, che non si sarebbe dovuto preoccupare.
Tesi una mano a sfiorare il suo viso con delicatezza, volevo rassicurarlo...
 
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lace‚
view post Posted on 9/6/2010, 16:30




Edward
Tengo a specificare che trattenere il respiro, per uno come me, non era affatto difficile. Fu per quqesto che decisi fosse meglio smettere di respirare, almeno per il momento; tutto d'un tratto, l'aria si era fatta pesante, pungente, cattiva - tanto da rendermi difficile non tossire. Più che ossigeno vero e proprio, sembrava veleno della peggior fatta. Ma non era l'aria ad essere diversa.
Winry mi guardava con un una minuziosità che non le avevo mai visto negli occhi, quasi mi vedesse realmente per la prima volta. Resomi conto che quella non era altro che la pura realtà, ovvero che l'unica persona, l'unica donna ad avermi comunque considerato umano anche dopo la mia morte, fosse diventata un mostro a causa mia, fui preso letteralmente in contropiede.
Alla mia domanda, la vampira che continuava a chiamarsi Winry Rockbell, nonostante tutto, abbassò lo sguardo. Lo sapeva. Immaginava come avrei reagito. Eppure non le era importato neanche di questo.
Ero uno stupido idiota. Nonostante non riuscissi a perdonarle di aver gettato via la sua vita così, per uno che, forse, neanche lo meritava, non riuscivo a non essere felice di stringerla ancora tra le mie braccia. Era molto più di quanto avessi mai sperato - ci eravamo trovati, a cavallo tra la vita e la morte, in un limbo eterno che avrei potuto affrontare, adesso. Non da solo. Con lei e tanto bastava a rendermi tutto un paradiso.
Alzò lo sguardo. Mi sorrise. Tanto bastò a mandare a farsi benedire la mia rabbia e il mio senso di colpa - con questi avrei poi conversato più tardi, una volta rimasto solo. Le gettai le braccia al collo, stringendola forte a me, inspirando a fondo il suo profumo che si era andato intensificandosi, come se portasse con sè quell'angolo di mondo che, una volta, avevo chiamato "casa".
«Sei una stupida» sussurrai, senza troppa convinzione.

 
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6 replies since 11/4/2010, 22:52   147 views
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